Sull’articolo di De Benedetti Due poli consolidati, male e in fretta, su un pregiudizio di Italico Santoro L’intervento dell’ing. Carlo De Benedetti sul "Foglio" di giovedì scorso ha avuto un duplice merito: quello di riportare il dibattito sui problemi concreti ed urgenti del paese, che si riassumono nella necessità di rilanciare uno sviluppo dell’economia ormai sconosciuto all’Italia - retorica a parte - almeno dalla metà degli anni Novanta; e quello di indicare nella riduzione della pressione fiscale lo strumento primario per raggiungere quest’obiettivo. Giorgio La Malfa, condividendone l’impostazione, prima sul "Foglio" e poi in un fondo pubblicato da questo giornale, aggiunge una conseguenza inevitabile. Per poter abbassare le tasse è necessario - data la consistenza del nostro debito e in presenza dei vincoli europei - diminuire la spesa pubblica corrente, nelle cui pieghe "vi sono risparmi significativi... che possono essere fatti senza ridurre il livello delle prestazioni e dei servizi sociali". Nel suo articolo per la "Voce" Giorgio La Malfa avanza anche alcune proposte concrete: abolizione delle province e alienazione di beni posseduti dagli enti locali. E’ difficile non essere d’accordo con queste osservazioni: non solo perché appartengono al patrimonio consolidato della cultura repubblicana, ma anche perché rappresentano la strada obbligata per liberare risorse da destinare allo sviluppo. Ci convince meno, invece, la conclusione politica che La Malfa ne deriva: dal momento che il governo Berlusconi "non si sogna nemmeno lontanamente di rischiare la sua popolarità" su una politica di riduzione della spesa (il che probabilmente è vero), non resta che rivolgersi al centrosinistra. Il fatto è che la posizione di De Benedetti (che efficacemente La Malfa riassume nello slogan "meno tasse e riorganizzazione del settore pubblico per farlo costare di meno") è ben lontana da quanto sostiene in concreto il centrosinistra, e in primo luogo il Partito democratico. Proprio sulle due questioni specifiche sollevate da Giorgio La Malfa - abolizione delle province e alienazione di beni posseduti dagli enti locali - la posizione del Pd è in un certo senso speculare a quella del governo. Ad essersi pronunciati con chiarezza per l’abolizione delle province sono stati solo Pierferdinando Casini nel campo dell’opposizione e - lo ha ribadito ancora una volta nella Direzione del Pdl - Gianfranco Fini in quello della maggioranza. Per il resto c’è il "niet" della Lega (e quindi di Berlusconi) e un atteggiamento evasivo in apparenza ma contrario nella sostanza del Partito democratico. E qui viene alla luce il vero punto dolente della condizione italiana. I due poli si sono consolidati - male e in fretta - non intorno a posizioni politico-culturali in grado di esprimere programmi e linee di intervento, ma su un pregiudizio favorevole o contrario nei confronti di Berlusconi. E per molti, per troppi, il dibattito continua a ruotare di fatto intorno alla figura del "premier". Con danni evidenti per il paese e un conto salato che le nuove generazioni saranno chiamate a pagare. |